Gli haiku sono una delle più semplici e sincere forme di poesia giapponese. Sono componimenti nati in Giappone nel diciassettesimo secolo, formati da tre versi costituiti in totale da 17 more secondo lo schema 5-7-5. Una mora nella metrica classica era l’unità di misura della durata delle sillabe. Non è una sillaba (anche se spesso viene equiparata ad essa), perché una sillaba può contenere anche due more. Da quando sono state fatte le prime traduzioni di haiku in occidente a questo genere poetico si sono affezionati alcuni dei più grandi scrittori del Novecento, da Rainer Maria Rikle a Paul Eluard. In Italia, si avvicinarono agli haiku alcuni poeti che hanno abbracciato la corrente dell’ermetismo, come Ungaretti e Quasimodo.
10 famosi Haiku giapponesi
La campana del tempio tace,
ma il suono continua
ad uscire dai fiori.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Sotto l’albero tutto si copredi petali di ciliegio,
pure la zuppa e il pesce sottoaceto.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Le nubi di tanto in tanto
ci danno riposo
mentre guardiamo la luna.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.
Kobayashi Issa
(1763-1827)
Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.
(1657 -1723)
Accatastata per il fuoco,
la fascina
comincia a germogliare.
Nozawa Bonchō
(1640 – 1714)
Che luna:
il ladro
si ferma per cantare.
Yosa Buson
(1716 – 1784)
Ciliegi in fiore sul far della sera
anche quest’oggi
è diventato ieri.
Kobayashi Issa
(1763-1827)
Nobiltà di colui
che non deduce dai lampi
la vanità delle cose.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)
Prendiamo
il sentiero paludoso
per arrivare alle nuvole.
Matsuo Basho
(1644 – 1694)